La normativa SEVESO è un insieme di regole per lo stoccaggio e il trasporto delle merci considerate pericolose, cioè quelle che possono mettere a rischio la salute delle persone e la sicurezza di ambienti, mezzi, infrastrutture.
La normativa prende il nome da un comune in cui avvenne un tragico incidente, che diede il LA per modificare le leggi vigenti e garantire maggiore sicurezza per i lavoratori e l’ambiente. Ripercorriamo la storia della norma.
Seveso, Monza-Brianza, 1976
Siamo in Monza-Brianza, a metà degli anni ’70 circa. Seveso è un comune lombardo, dominato da una grande industria chimica: ICMESA. A causa di un guasto ad uno dei reattori si liberò nell’aria una nube di diossina, o TCDD.
La TCDD può causare gravissimi danni alla pelle, al cuore, ai reni, al sistema linfatico. In particolare può causare tumori del fegato e gravi disfunzioni agli organi riproduttori, sia maschili che femminili. Inoltre è una sostanza inserita nel gruppo 1 delle sostanze cancerogene per l’uomo dal 1997.
Inoltre avvelena ed intossica il suolo, le falde acquifere, le piante, gli animali. I danni sono quasi sempre irreversibili.
La nube di diossina, che dal quel momento venne chiamata anche diossina Seveso, si sparse su una grande area. Coinvolse i comuni limitrofi di Meda, Cesano Maderno, Limbiate, Desio. La tossicità della diossina fece morire animali domestici nei comuni vicini all’impianto. Il grado di inquinamento costrinse le autorità a rimuovere il suolo contaminato per sostituirlo, letteralmente, con terra ed erba proveniente da altre città.
Dopo l’incidente l’impianto ICMESA venne smantellato e chiuso, ma i danni causati dalla dispersione di diossina non furono riparati.
Un’Europa compatta: la normativa SEVESO
Il dibattito sull’incidente di Seveso non tardò ad iniziare. Giornali, scienziati, organi di monitoraggio ambientale e della salute, commissioni politiche cercarono un modo per prevenire futuri incidenti.
Il rischio industriale non è mai eliminabile, infatti. Per natura di questi processi è necessario usare, spostare, scaldare, raffreddare, mescolare sostanze che possono causare gravissimi danni.
L’unica cosa che si può fare è contenere i rischi, creando leggi e procedure perché ciò avvenga nel maggior numero di casi possibili.
Nel 1982 l’Unione Europa decide definitivamente di creare un testo di prevenzione degli incidenti industriali. La prima versione si chiamò proprio normativa SEVESO, in onore della città che aveva iniziato il dibattito. L’Italia, in conformità con la legge, iniziò a mappare i propri siti industriali ad alto rischio.
È del 2015 la versione più recente ed aggiornata della norma, la SEVESO-III.
Un monito per il futuro
Quello di Seveso non è stato un caso isolato, o unico. In tutta Europa e nel mondo sono decine all’anno gli incidenti di sversamento di sostanze dannose.
Tolosa, 2011: una fabbrica di fertilizzanti perde accidentalmente nitrato di ammonio. Paesi Bassi, 2000: un produttore di materiale pirotecnico causa un incidente che costa la vita a 100 persone, tra lavoratori, cittadini e soccorritori. E come dimenticare l’incidente nucleare di Fukushima, nel 2011, o lo scoppio del reattore nucleare di Chernobyl nel 1986. India, 1984: il peggior disastro industriale del paese, raccontato nel libro “Mezzanotte e cinque” di Dominique La Pierre.
Come abbiamo detto, il rischio industriale non si può eliminare del tutto. La normativa SEVESO mira a ridurre i pericoli il più possibile, contenendo i rischi e gestendo le criticità prima che diventino serie e inarginabili.
Purtroppo, imparare dalle tragedie è un metodo efficace. Da allora le leggi mondiali per il trasporto e lo stoccaggio delle merci pericolose sono state rese più rigide e hanno consentito a sempre più aziende di prendere consapevolezza e di rendersi responsabili per la salute delle persone e dell’ambiente.